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Rendimenti obbligazionari 2018: un bilancio che sfida (ancora una volta) le leggi del consensus

21 January 2019

Per le obbligazioni di Stato, l’ora fatale non è scoccata neppure questa volta. Influenzati della rinnovata crescita registrata ad inizio 2018, molti osservatori (noi compresi), avevano annunciato un anno nero per i bond. Nulla di più falso.

Anche nel 2018, le obbligazioni sovrane si sono distinte per i loro rendimenti positivi. L’indice statunitense ha ottenuto una performance di +0,8% in dollari (indice ML-BOA); un risultato paradossale, se si tiene conto della netta accelerazione dell’economia e dei quattro rialzi successivi dei tassi, promessi e puntualmente mantenuti dalla Fed. In Europa, nonostante la
flessione degli indicatori di crescita dopo il picco congiunturale dell’ultimo trimestre 2017, la fine del Quantitative Easing della BCE lasciava presagire una futura normalizzazione dei tassi. Eppure, il giacimento dei titoli UE chiude l’anno su una performance di +1% in euro (indice ML-BOA).
Quali ostacoli hanno bloccato un meccanismo che sembrava dirigersi senza scosse verso un
traguardo prevedibile?

Una lettura facile e sbrigativa potrebbe ricondurre l’andamento dei titoli di Stato a un movimento di ripiego verso la sicurezza, in un contesto di sfiducia rispetto ad attivi rischiosi e all’accumularsi di motivi di tensione (Donald Trump, Brexit, tensioni commerciali con la Cina, crisi italiana, petrolio, ecc.). Un’analisi più dettagliata rivela tuttavia che il calo delle attese sul piano monetario è la principale variabile a supporto delle oscillazioni dei tassi nel periodo.

Sotto il peso di una netta accelerazione dell’offerta, i prezzi del petrolio sono crollati. Questo movimento ha avuto un impatto notevole sulle variazioni dell’inflazione, con un conseguente crollo delle previsioni d’inflazione.

Anche all’interno della zona euro, si delineano situazioni abbastanza chiare, fra cui spicca la netta sottoperformance dell’Italia nel periodo (-1,4%): un’ulteriore dimostrazione del fatto che
il mercato ricompensa raramente le “pecore nere”. Il divario in termini di performance è visibile sia con la Spagna (+2,6%) che con il Portogallo (+3,1%). Un altro fattore che attira la nostra attenzione è la performance dei paesi “core” dell’eurozona, Germania in testa (+2,3%), che si sono avvantaggiati del loro status di valore rifugio: il rendimento dell’obbligazione nominale tedesca a 10 anni ha chiuso l’anno su un livello di 0,23%.

Potremmo rapidamente paragonare le oscillazioni del mercato obbligazionario 2018 al movimento di un bilanciere che si è spostato da un estremo all’altro. Dopo aver prefigurato una
considerevole accelerazione economica, il mercato prevede ormai un rallentamento brutale. La verità si trova probabilmente da qualche parte fra questi due estremi. Scommettiamo quindi che, nel nuovo anno, il mercato obbligazionario ritroverà una relativa serenità e che la valutazione degli asset tornerà ad essere correlata ai fondamentali.

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