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...E sul fronte delle azioni. Le tensioni commerciali influenzano gli orientamenti dei risultati

24 July 2018

Due mesi fa avevamo adottato un atteggiamento prudente nei confronti del mercato azionario, al fine di limitare la nostra esposizione, mentre si preparavano le condizioni per una guerra commerciale. Al di là di questa opzione tattica, la nostra opinione fondamentale in merito alle prospettive di crescita delle azioni nella zona euro restava positiva.

Gli indicatori congiunturali mostrano un rallentamento della crescita, ma restano tuttavia compatibili con un ritmo di crescita dell’eurozona superiore al 2%. Questa fase di rallentamento ci induce a mantenerci prudenti. Al di là dell’impatto sui consumi derivante dall’incremento del prezzo del petrolio, due fattori più fondamentali giustificano tale prudenza:

  • il rallentamento del commercio mondiale,
  • il rischio associato di un’inversione al ribasso degli investimenti.

Questa combinazione potrebbe comportare una crescita dell’eurozona sensibilmente più contenuta rispetto alle attese e, di conseguenza, una potenziale delusione in termini di crescita dei risultati delle società.

Negli ultimi mesi, il presidente degli Stati Uniti ha moltiplicato gli annunci sulle misure protezionistiche. Ora siamo entrati nella loro fase di attuazione: dal 1° giugno, le importazioni di acciaio e di alluminio in provenienza dall’UE, dal Messico e dal Canada sono state tassate rispettivamente al 25% e al 10% e hanno generato una serie di risposte graduali. I dazi sui prodotti cinesi, in vigore dal 6 luglio, riguardano merci per circa 35 Mld$ e Pechino ha promesso di replicare immediatamente con misure simili. Gli Stati Uniti non dovrebbero fermarsi qui, poiché il Presidente Trump minaccia di portare in totale a 450 Mld$ il valore dei prodotti cinesi tassati (la maggior parte delle importazioni in arrivo dal gigante asiatico, ossia 200 Mld$ in più che previsto).

Il rischio principale, naturalmente, è chi si arrivi a un’escalation verso una guerra commerciale, con effetti negativi sugli scambi internazionali e sulla crescita mondiale. Il rischio è elevato anche per l’economia statunitense. Alcuni stati che hanno votato per Trump nel 2016 sono vulnerabili alle misure protezionistiche. Di conseguenza, l’intensità e la durata delle tensioni commerciali potrebbero essere influenzate dagli elettori.

Già ora, i mercati anticipano gli effetti della sterzata protezionista degli Stati Uniti e i rischi di guerra commerciale sono oggi in cima alla lista delle inquietudini degli investitori, dopo più di venti anni di “certezze” in merito all’espansione del commercio mondiale. Il mese scorso, i mercati europei hanno subito una sensibile correzione, e in particolare quelli che dipendono maggiormente dalle esportazioni, come la Germania o la Svezia. Lo stesso avviene per i settori più esposti al commercio internazionale, che si ritrovano in rosso, come i materiali di base, la tecnologia, i titoli industriali o l’automobile. Per quanto riguarda l’automotive, ultimo bersaglio designato dal presidente Trump, le incertezze dovrebbero persistere, anche se l’ambasciatore statunitense in Germania ha dichiarato che Donald Trump potrebbe sospendere la decisione di applicare un dazio del 25% sulle importazioni.

La nostra prudenza prima della pubblicazione dei risultati del primo semestre, in luglio, non è legata tanto ai livelli dei risultati, che dovrebbero essere piuttosto soddisfacenti, ma ai commenti del management delle imprese sugli effetti dell’aumento dei dazi doganali e sul loro impatto sul ritmo degli investimenti. In giugno, Daimler ha ridimensionato le proprie prospettive di risultati per il 2018, dopo aver integrato l’impatto delle tensioni commerciali. Anche ABB ha commentato tali tensioni, mentre Assa Abloy accelera i suoi ammortamenti in Cina, a causa del rallentamento della propria attività. La guerra commerciale viene seriamente presa in considerazione dagli investitori. E i suoi sviluppi influenzeranno i loro posizionamenti.

 

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