Opinions et Idées

Rischi inflazionistici

21 mars 2018

La volatilità dei mercati azionari è stata alimentata in particolare dai notevoli timori inflazionistici, ma un esame dell’andamento del mercato delle obbligazioni inflationlinked offre un quadro più sfumato.

In effetti, nell’ultima spinta al rialzo dei tassi nominali “core”, iniziata ai primi di dicembre, questo movimento è stato sostenuto molto più dai tassi reali che dalla crescita delle previsioni di inflazione. I tassi reali hanno seguito le revisioni al rialzo delle prospettive di crescita. Le valutazioni restano quindi attraenti sui “break even” d’inflazione e il loro rimbalzo dipenderà dagli eventuali rialzi a sorpresa che emergeranno quest’anno - ne siamo convinti - dalla pubblicazione delle cifre dell’inflazione statunitense: in particolare, l’inflazione sottostante, sulla quale le attese restano timide, dovrebbe essere trainata dal ciclo economico. La curva dei tassi di “break-even” resta piatta in queste due aree e il premio sulle scadenze più lunghe ci sembra sempre molto debole, se confrontato con l’attuale dinamica del ciclo economico. Il nostro punto di vista sull’inflazione “break-even” statunitense e sull’euro è quindi positivo e la nostra preferenza va alle scadenze lunghe.

Appena assunto il suo incarico, il nuovo presidente della Federal Reserve ha immediatamente espresso la sua piena fiducia nel futuro ritmo dell’inflazione. Sempre più membri del Board della FED parlano apertamente della necessità di una più decisa stretta monetaria. E questa è un’ipotesi in cui crediamo: la riforma fiscale votata in dicembre è stata accompagnata da nuove misure di spesa fin dall’inizio dell’anno e questi due elementi, da completare con l’azione della FED, dovrebbero sostenere la revisione al rialzo delle prospettive di crescita del PIL per il 2018; l’inflazione dovrebbe inoltre accelerare, come d’altra parte l’inflazione salariale, a seguito delle tensioni sul mercato del lavoro. Altrettante ragioni per normalizzare anche più velocemente la politica monetaria. I tassi a breve statunitensi dovrebbe quindi essere sempre più tesi. Tuttavia, sia la FED che le altre banche centrali dei principali paesi sviluppati presteranno attenzione a qualsiasi aumento troppo brusco dei tassi, che potrebbe inceppare la dinamica di crescita.

Nella zona euro, i tassi reali restano molto bassi rispetto al resto del mondo e in considerazione del quadro congiunturale: come negli USA, la loro normalizzazione accompagnerà la fine del QE della BCE. Il basso livello dei tassi li rende vulnerabili a qualsiasi comunicazione in tal senso della BCE e agli eventi statunitensi.

La riconnessione dei tassi dei paesi “core” ai fondamentali economici resta il nostro scenario centrale, ma il percorso non sarà privo di imprevisti!

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