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La fine del mercato rialzista ? Indubbiamente no

19/11/2018

L’accumularsi di molteplici fattori di stress ha finito per provocare un rivolgimento del mercato che, storicamente, possiamo definire brusco. I mercati statunitensi, in particolare, hannomolto sofferto in ottobre: l’indice S&P 500 ha registrato il suo mese peggiore da settembre 2011, con un ribasso di quasi il 7%.

I motivi di preoccupazione (potenziali o reali) sono infatti numerosi: la guerra commerciale fra gli Stati Uniti e la Cina, la Brexit, l’Italia, le elezioni di metà mandato negli USA, la stagione dei risultati, il rallentamento in Cina e in Europa… con una comunicazione che consideriamo piuttosto da maldestra da parte della Fed, che ha avuto effetto di catalizzatore. Come in febbraio, il rapido rialzo dei tassi statunitensi sembra in effetti essere stato il fattore scatenante di questa correzione.

Alcuni dei rischi appaiono oggi reali: è il caso della crescita economica cinese ed europea o dell’evoluzione delle attuali problematiche politiche. Ci chiediamo se il mercato abbia quindi buoni motivi per preoccuparsi. Sì, ma solo in parte.

Innanzitutto, perché certe inquietudini vanno secondo noi temperate.

Una parte del rallentamento osservato in Europa è in effetti legata al settore automobilistico tedesco e dovrebbe essere solo transitoria. Nel 2018, l’economia europea dovrebbe tranquillamente crescere dell’1,8%; un valore inferiore alle attese di inizio anno, ma comunque al di sopra della crescita potenziale dell’area (stimata a circa 1,5 - 1,6%).

La Cina rallenta, ma le autorità ne sono pienamente coscienti e stanno mettendo in atto da ormai vari mesi delle politiche accomodanti destinate a sostenere la crescita, seguendo uno schema che ha alcuni punti in comune con quello applicato nel 2015-2016. L’hard landing cinese è un timore ricorrente, ma finora infondato, che i mercati hanno da una decina d’anni. Stavolta il rischio è più concreto? L’ipotesi non ci convince.

In più, il mese di ottobre ha offerto anche qualche notizia positiva:

  • Le agenzie specializzate non hanno tagliato ad “high yield” il rating dell’Italia e questo dovrebbe contribuire a stabilizzare i tassi.
  • Gli utili delle aziende sono, è vero, in parte deludenti in Europa, ma sono ancora una volta ottimi negli Stati Uniti, senza timori apparenti per i risultati futuri.
  • Infine, ci sembra che il tono adottato nel corso delle attuali discussioni politiche (Brexit, Italia e perfino USA/Trump) sia un po’ meno veemente.

I significativi ribassi rilevati in ottobre provengono anche in parte da un forte "deleveraging" dell’industria, in particolare quella dei fondi sistematici. Abbiamo già parlato di questo tema nel febbraio di quest’anno e il fenomeno evidenzia oggi alcuni punti in comune.

Il considerevole calo di alcuni mercati ci sembra quindi eccessivo in rapporto ai loro fondamentali. È il caso delle azioni statunitensi, le cui valutazioni sono oggi abbastanza interessanti; è inoltre il caso dei break-even d’inflazione, che hanno sofferto del notevole ribasso del petrolio registrato nel corso del mese.

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