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Sul fronte dei tassi... Situazione insolita nell’eurozona

23/07/2018

Contrariamente a quanto avviene negli Stati Uniti, la crescita europea registra un rallentamento (il consensus ha rivisto le previsioni per il 2018 al ribasso, dal 2,4% al 2,3%) mentre l’inflazione accelera, anche se a ritmo contenuto, avvicinandosi tuttavia tendenzialmente al target fissato dalla BCE.

La prima stima dell’inflazione per l’eurozona è stata pari al 2% per il mese di giugno, su anno mobile, trainata in particolare dagli effetti di base positivi dei prezzi dell’energia. L’inflazione sottostante resta invece bassa (1% su anno mobile), nonostante la recente debolezza dell’euro, e a questo stadio è solo lievemente influenzata dagli effetti secondari dell’aumento dei prezzi dell’energia: il ritorno verso la media di lungo termine all’1,5%, con un’accelerazione dell’inflazione salariale, dovrebbe

concretizzarsi nel 2019. La BCE ha aggiornato al rialzo le sue previsioni sull’inflazione sottostante (all’1,6% per il 2019 e all’1,9% per il 2020), manifestando in questo modo la sua fiducia sulla convergenza dell’inflazione verso il suo target nei prossimi mesi. E ciò anche dopo la progressiva riduzione degli acquisti mensili. Per ora, non sembra tuttavia che sia riuscita a convincere i mercati: le anticipazioni sull’inflazione restano in ritardo in termini di valutazione rispetto alla futura traiettoria. Una situazione che non ci sembra giustificata. Ad eccezione delle italiane, è interessante notare la relativa tenuta delle index-linked da inizio maggio, nella fase di stress della Penisola e poi dopo l’escalation della retorica sulla guerra commerciale, che ha favorito il “flight to quality” a beneficio dei tassi “core”.

Anche l’inflazione francese ha accelerato e dovrebbe beneficiare dell’incremento delle tariffe regolamentate (+7,45% sul gas al 1° luglio, il più forte aumento da sei anni a questa parte). Va inoltre segnalato il progetto del Governo transalpino di diminuzione degli incentivi alle imprese di 5 miliardi di euro, a seguito del quale scomparirebbe il beneficio della riduzione delle aliquote IVA concesso ad alcuni settori. A nostro avviso, l’impatto potenziale di tali misure dovrebbe essere pari allo 0,25% dell’inflazione francese. D’altra parte, i cambiamenti apportati negli ultimi anni alle regole di calcolo del rendimento del risparmio regolamentato, hanno generato fra le banche francesi una minore domanda di inflazione domestica, che ha nettamente sottoperformato rispetto all’inflazione europea sui mercati degli inflation swap: lo spread è ai suoi livelli più bassi da 10 anni. Due buoni motivi per essere posizionati in favore delle anticipazioni sull’inflazione francese.

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