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Mercati azionari... non hanno imparato nulla, non hanno dimenticato nulla (1)

22/06/2018

L’eurozona è una potenza economica, ma la sua sopravvivenza dipende dalla sua capacità di implementare una politica economica comune. Gli investitori hanno iniziato a tenere conto di questa variabile al momento dellacrisi greca del 2011-2012: qual è il livello di coesione dell’eurozona e, viceversa, qual è il rischio che si dissolva? Con un’ulteriore interrogativo: l’Italia è il tallone d’Achille dell’Unione?

I mercati azionari detestano l’incertezza, ma la situazione politica italiana è stata, negli ultimi giorni, fonte di preoccupazione. Di conseguenza, il rendimento decennale dei titoli di Stato italiani è sceso di 98 pb, al 3,44%, mentre la Borsa di Milano perdeva quasi il 6% e le banche della Penisola, che detengono una quota sostanziale del debito pubblico italiano, soffrivano particolarmente. I mercati sono tornati alla calma il 30 maggio, quando il Movimento 5 Stelle (M5S) e la Lega hanno potuto formare un governo ritenuto accettabile dal Presidente Mattarella. Questa situazione politica senza precedenti ha costretto i mercati a tenere nuovamente conto del fattore politico, con un ritorno del rischio legato al tema della coesione dell’eurozona. Nonostante questo episodio di turbolenza, le azioni sono rimaste sostanzialmente al riparo da effetti negativi e l’euro non ha registrato alcun impatto significativo, sebbene il primo ministro spagnolo subisse allo stesso tempo un voto di sfiducia in parlamento. Le Borse europee hanno in seguito registrato un rimbalzo, la parità euro/dollaro è risalita a 1,16 e i rendimenti delle obbligazioni si sono allentati.
 

La capacità del mercato di assorbire gli eventi, sotto lo sguardo benevolo della BCE, non significa tuttavia che il rischio sia sparito. Il nocciolo del problema, per l’Italia, è la debolezza della sua crescita, abbinata all’elevato livello del debito pubblico (132% del PIL). L’Italia non è la Grecia del 2012, ma la coalizione di due partiti anti-sistema, con punti di vista a volte in contrasto, potrà difficilmente dare stabilità al paese, e la speranza di cambiamento non risolverà i punti deboli dell’Italia, quali l’incapacità di attuare delle riforme. L’implementazione del "contratto" proposto dal nuovo governo italiano costerebbe 6-7% del PIL nazionale e, anche se l’eccedenza primaria di bilancio (1,7% del PIL) offre un certo spazio di manovra, il margine per una misura di stimolo basata su una riduzione del prelievo fiscale è limitato. L’assenza di flessibilità dell’economia italiana sta pesando sulla sua produttività, il sistema bancario è ancora convalescente e solo pochissime aziende a controllo familiare sono in grado di raggiungere una massa critica tale da riuscire ad attrarre gli investitori.
 

Le azioni italiane rappresentano circa il 7% dell’Eurostoxx300. Un’ampia porzione è composta da banche e società che operano sui mercati internazionali. Durante il ritorno dell’eurozona ad un ritmo di crescita più rapido, all’inizio dell’anno, questi due segmenti hanno offerto performance simili. In questa fase, e anche se possiamo immaginare qualche rimbalzo tecnico, il nostro atteggiamento rispetto alle banche italiane resta cauto: esse subiranno infatti l’impatto di ogni nuovo episodio della crisi politica. Stiamo mantenendo un punto di vista costruttivo sulle aziende con un’esposizione internazionale, che trarranno vantaggio dal calo della loro valutazione e dalla parità EUR/USD. Le medie imprese italiane dovrebbero ricevere il supporto dei Piani individuali di risparmio (PIR).

Per l’eurozona, il premio di rischio politico dovrebbe restare di attualità ancora per qualche tempo. Anche se la crescita degli utili aziendali ci incoraggia sempre ad acquistare titoli a bassa valutazione su un orizzonte di un anno, il trend sfavorevole delle recenti statistiche dell’eurozona e il nuovo rischio politico ci inducono a restare cauti, su questo mercato, nelle prossime settimane.

(1)Charles Maurice de Talleyrand

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