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Finalmente una buona notizia : il 2018 è passato...

18/01/2019

In dicembre, i mercati finanziari hanno archiviato, con profonde perdite, un anno da dimenticare: -9,18% per l’indice S&P500, il dato peggiore da febbraio 2009, -10% per il barile di petrolio, -30 punti base sui tassi decennali americani, ecc.

Il mese scorso parlavamo della possibilità di un rally nell’area emergente che, pur avendo sovraperformato rispetto alle altre aree (-2,9% per il MSCI EM, indice obbligazionario in valute forti positivo, e apprezzamento delle valute degli EM), non è stata tuttavia immune alle tendenze ribassiste.

Il clima negativo che domina le Borse da qualche mese resta quindi più che mai attuale. È tuttavia legittimo chiedersi se le cause siano identiche. Nella maggior parte dei casi la risposta è sì. Tuttavia, rispetto a qualche settimana fa, quando le preoccupazioni erano soprattutto politiche (US/Cina, Brexit, Italia…), oggi le inquietudini si concentrano prevalentemente sui fondamentali. Il principale interrogativo sembra infatti riguardare la possibile traiettoria della crescita per il 2019. E soprattutto, quali saranno le prospettive statunitensi, dopo i risultati da record del 2018?

Le inquietudini degli investitori sono alimentate da tre temi:

  • "L’impatto positivo delle misure fiscali del Presidente Trump sta per esaurirsi e la crescita US, senza tale stimolo, rischia un significativo rallentamento". Condividiamo questa inquietudine solo parzialmente; in effetti, secondo le nostre stime, l’impatto fiscale ha rappresentato una crescita supplementare di circa +0,7% nel 2018 e dovrebbe essere nuovamente positivo nel 2019, con un incremento di circa +0,3% (riduzione delle imposte fino ad aprile 2019 e aumento della spesa federale di 36 Mld nel 2019).
  • ”L'appiattimento della curva US annuncia la prossima recessione”. Anche in questo caso, non condividiamo i timori del mercato; la curva dei tassi può restare piatta per un lungo periodo senza per questo costituire un problema. Secondo noi, va invece tenuta d’occhio la differenza fra il rendimento del capitale e il suo costo, un indicatore che non segnala per ora alcun rischio a breve termine.
  • "Aumentando i tassi in un momento in cui le condizioni finanziare diventano più tese, la Fed commette un errore di politica monetaria". È vero che la Fed, di fronte al violento crollo dei mercati, avrebbe potuto fare una pausa nel ciclo di rialzo dei tassi. Ma è certo che una mossa simile avrebbe richiesto una fase di preparazione. Il Presidente Trump avrebbe dovuto indubbiamente astenersi da qualsiasi commento sulla politica monetaria. Dal nostro punto di vista, l’errore proviene piuttosto dalla comunicazione di Jerome Powell, il quale in ottobre aveva affermato che la Fed si sarebbe spinta ben al di là del tasso neutro.

In linea generale, non siamo fondamentalmente preoccupati per il quadro congiunturale statunitense e mondiale nel 2019. Un rallentamento ci sembra molto probabile, ma escludiamo un crollo. Il fortissimo calo del prezzo del petrolio registrato nell’ultimo trimestre dovrebbe d’altra parte avere un impatto sensibilmente positivo sulle cifre dei consumi, da qui a metà 2019.

Alcuni rischi politici restano invece ben presenti: è il caso in primo luogo della Brexit, con il voto alla Camera dei comuni durante la settimana del 14 gennaio, e deinegoziati commerciali USA/Cina. Per quanto riguarda il primo appuntamento, continuiamo a non credere in una "hard Brexit", mentre ci sembra che i negoziati sui dazi stiano assumendo un tono un po’ più costruttivo.

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